Tiraboschi

ARMA : D’azzurro, ad un albero terrazzato di verde, accostato da due orsi al naturale, affrontati e controrampanti; col capo di rosso, all’aquila bicipite d’argento. Oppure: Di rosso, all’aquila d’argento. (Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, estinte e fiorenti, compilato da G. B. Di Crollalanza. Vol. 3° Pag. 22).

TiraboschiCASATA : E’ un cognome frequente nella Val Serina; nella zona di Oltre il ColleSerina e Selvino, inoltre è presente nei paesi di Zogno e San Giovanni Bianco. Diversi esponenti di questa famiglia si trovano iscritti, sin da tempi molto antichi, nel Collegio Notarile della città di Bergamo (Collegii dominorum notariorum Bergomi institutio) Andriolo fu Giovanni Battista (1505), Geremia (1614), Giovanni fu Lorenzo (1614), Pietro (1614), Antonio da Serina (1616), Giovanni Alberto (1622), Vincenzo di Serina Alta (1630), Gian Alberto fu Giovanni Pecino (1646-1648), Pietro Luigi di Gasparo (1778-1820), Gabriele di Giovanni Battista (1800-1804), Piero Gioachino di Giacomo Vincenzo (1800-1840). Nella “Descrizione di Bergamo e del suo territorio” presentata il 21 ottobre 1596, al governo della Serenissima da Zuanne da Lezze Capitano di Bergamo, al termine del suo mandato; la famiglia Tiraboschi compare nell’elenco delle famiglie nobili et antiche della città. Bortolo Belotti nella sua “Storia di Bergamo e dei bergamaschi”, descrive una lunga serie di personaggi di questa famiglia, che si illustrarono nel corso dei secoli; fra i più famosi: Antonio, nato a Serina nel 1601, fu Rettore del collegio di Celana e poi del Seminario. Socio dell’Accademia degli Eccitati, si distinse nella teologia non meno che nelle lettere, diede alla stampa diverse sue opere, ricordate anche dal Calvi in “Scena letteraria”. Reginaldo, dottore in Teologia, uomo di vasta cultura, autore anch’egli di alcune opere molto apprezzate al suo tempo, fu Prevosto di S. Michele al Pozzo Bianco, dove venne sepolto alla sua morte, avvenuta nel 1696. Emilia, religiosa francescana del Monastero di Rosate, donna ammirata per la sua cultura e autrice della “Historia del santissimo crocifisso di Rosate coll’origine e progresso del monastero”.

Maggior prestigio alla famiglia derivò però dall’ Abate Gerolamo, nato nella parrocchia di S. Alessandro in Colonna il 18 Dicembre 1731, da Vincenzo e Laura Tiraboschi, entrambi dell’antica famiglia di Serina. Educato nei primi anni a Bergamo, quindi a Monza presso i Gesuiti nella cui Compagnia entrò a far parte giovanissimo. Si trasferì poi a Genova e venne poi chiamato ad insegnare retorica a Milano, nel collegio di Brera. Qui pubblicò il Nuovo vocabolario italiano e latino di Carlo Mandosio, riveduto e corretto in un’edizione rimasta definitiva, e, nel 1766 l’opera in latino Storia dell’Ordine degli Umiliati . Essendosi divulgata la sua fama, nel 1770 veniva invitato dal duca Francesco III di Modena ad assumere l’incarico di prefetto di quella biblioteca, che era già stato ricoperto da Ludovico Antonio Muratori; e quella biblioteca egli accrebbe di opere e di rinomanza, conquistandosi l’alta considerazione e gratitudine dei principi e della città di Modena. Il duca Ercole III lo nominò consigliere di corte e gli conferì il titolo di Presidente della biblioteca e del medagliere Estense e la città di Modena lo volle professore onorario dell’università. In questa città Gerolamo Tiraboschi, con un lavoro intenso, durato oltre dodici anni, condusse a termine la sua opera più famosa la “Storia della Letteratura Italiana”, di cui la prima edizione in undici volumi cominciò nel 1772. Lasciò un ampio patrimonio di scritti, fra i quali: La Biblioteca modenese, La Storia della Badia di San Silvestro in Nonantola, Le Memorie storiche modenesi, Il Dizionario topografico e storico degli stati Estensi.

Fu socio di ben tredici Accademie: all’ Arcadia e a quella degli Eccitati di Bergamo, degli Intronati di Siena, dei Rinvigoriti di Cento ed a quelle di Asolo, Fossano, Mantova, Lucca, Torino, Comacchio, Marca di Cortona, Rovereto e Modena. Egli morì a Modena il 3 giugno 1794, universalmente compianto; pur affezionato a quella città, fu sempre legato alla patria bergamasca, dove conservò costanti e fedeli amicizie. Bergamo, non mancò d’ attestagli la più ampia ammirazione, come si rileva dalla delibera del 17 agosto 1785 del Maggior Consiglio della città, dove si decretò di collocare nella propria sala il ritratto dell’ illustre personaggio fra quelle dei bergamaschi più celebri. Anche sulla sua casa natale in Bergamo, venne posta una lapide a ricordo.

Antonio, nacque ad Alzano Lombardo il 31 luglio 1838, da genitori originari di Serina, partì volontario garibaldino, poi tornato agli studi venne nominato bibliotecario della Biblioteca Civica (1877); egli non potè dedicarle molto tempo della sua vita e della sua cultura, poichè mori l’11 ottobre 1883, a soli 45 anni. Egli fu un benemerito della storia bergamasca e di quanto si riferisce al nostro dialetto e alle nostre tradizioni. L’opera più cospicua di Antonio Tiraboschi è il Saggio di un vocabolario bergamasco,(1859), frutto di una preparazione senza eguali e di una penetrazione profonda delle cose bergamasche. Egli dedicò al dialetto altre opere di notevole importanza: Il Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni, (1873), La Grammatica italiana bergamasca (1880) e un Abbozzo di una grammatica bergamasco-italiana (1906), (manoscritto conservato presso la biblioteca civica). I suoi scritti illustrarono anche le tradizioni locali: Proverbi bergamaschi (1875), diventato poi Gergo dei pastori bergamaschi, Usi di Natale nel bergamasco (1878) e Usi pasquali nel bergamasco (1878). Raccolse una serie di poesie di Pietro Ruggeri da Stabello, stampate qua e là su almanacchi, o ritrovate tra fogli volanti e manoscritti del poeta e pubblicate con il titolo Poesie in bergamasco di Pietro Ruggeri da Stabello(1869), facendole precedere da una preziosa biografia.

L’abate Giovanni Battista fu per lunghi anni professore al ginnasio di Bergamo, sostenitore della causa promossa da Gabriele Camozzi contro l’oppressione austriaca e fervente agitatore dei moti del 1848, morì Arciprete di Costa Mezzate il 18 Febbraio 1880. Giovanni, valente pittore del XIX secolo fu amico di Pietro Ruggeri da Stabello, che assistette nel momento della morte il 17 Gennaio 1858. Alessandro, Politico bergamasco (1873-1962), figlio dello storico Antonio, compì gli studi classici a Bergamo e si laureò a Padova dopo aver frequentato diverse università, allontanato da molte di esse per l’attività propagandistica. Praticò come avvocato nella città natale. Fece parte del movimento socialista sin da giovane e fu eletto deputato nella XXVI legislatura (1921-24). Fu membro del consiglio amministrativo dell’ “Avanti” e visse appartato con l’avvento del fascismo; fu incarcerato per i moti successivi al delitto Matteotti e si unì poi alla Resistenza. Fu presidente dell’Associazione Generale del Mutuo Soccorso una prima volta nel 1921, poi dal 1945 alla morte; Presidente della commissione della Biblioteca Civica. Si dedicò innanzitutto ai problemi delle carceri di Bergamo. Nel corso della Grande Guerra (1915-1918), cadde il soldato Carlo di Zogno. Durante i secondo conflitto mondiale (1940-1945) persero la vita i soldati Luigi e Pietro di Zogno e Giovanni di Spino al Brembo. Di Oltre il Colle morì il soldato Vittorio, mentre di Zambla: Antonio Benigno, Leone, Luigi e Matteo.