Cittadini

ARMA: Spaccato: nel 1° d’oro all’aquila bicipite di nero coronata dello stesso, nel 2° inquartato al 1° e al 4°di rosso, al 2°e al 3°di nero, con un bisante d’argento in cuore (N. 657 dello Stemmario Camozzi-Vertova, manoscritto conservato presso la biblioteca civica A. Maj di Bergamo).

CittadiniCASATA: questa famiglia, che è un ramo dei “Fondra o Fondra-Bordogna”, viene documentata in tempi remoti appunto nel paese di Bordogna; lo stemma di questa casata affrescato sulla facciata di una casa, è ancor oggi visibile in località “Torre”. La famiglia pare tragga origine da Zibertino detto “Cittadino” di Bordogna, che è citato come già defunto nel 1436, appartenente alla famiglia Ruffinoni di Bordogna, figlio di Antoniolo fu Gilbertino vivente nel 1334, a sua volta figlio di Rocco, già morto in quell’anno.

Il nome quindi non deriva come si vorrebbe, dalla loro qualifica di cittadini di Bergamo. Numerosi esponenti dimoranti o originari di Bordogna vengono menzionati negli atti notarili riguardanti l’attività mineraria in alta Valle Brembana sin dal XVI secolo. Il 6 febbraio 1582 Simone fu Lorenzo della Cà di Bordogna, agente anche a nome di suo fratello Francesco, in qualità di comproprietari della frera (miniera) della Pessina, sita sul monte Sasso, nominarono loro procuratori Giovanni Rota della Pianca e Gabriele Terzi di Bergamo. L’11 novembre1615 i compartecipi della frera di Scazio e S. Giorgio sul monte Sasso, fra i quali Martino fu Simone, si accordarono con mastro Giovanni Gervasoni fu mastro Orlando, con mastro Bartolomeo Gervasoni fu mastro Sandrino, tutti di Foppacava di Bordogna, e con mastro Zambone Palazzi di Oltre il Colle, abitante a Foppacava, perché scavassero 16 masse di vena nella suddetta miniera entro la successiva festa di S. Pietro e le consegnassero sul piazzale della miniera, ricevendo lire 100 imperiali per massa e la legna necessaria per cuocere il minerale. Il 27 aprile 1619 Lorenzo, Simone, Giovanni Giacomo e Martino fu Lorenzo e Ludovico fu Francesco si spartirono vari beni, fra i quali quattro capi del forno di ferro di Branzi e parte delle frere di S. Giorgio, Scazio, Pessina, Costa, Sarai o Cogulo e Fada. Il 23 gennaio 1621 Giorgio fu Lorenzo di Bordogna, fratello di Giovanni Paolo, vendette in quote diverse, quattordici some della frera di Cogulo per 863 lire di Bergamo.

Lo stesso giorno Giovanni Paolo fu Lorenzo di Bordogna, abitante al Cornello vendette a Giovanni Maria Barbaglio fu Migliorino della Porta di Carona, cinque some e metà delle sessanta che componevano la frera di Cogulo sul monte Sasso “vocata la frera del Cogul del Sas”, che egli aveva in precedenza acquistato da Giacomo Gargano di Bergamo (come da istrumento del notaio Giuseppe Bresciani di Bergamo in data 19 settembre 1609). In un interessante documento del 17 ottobre 1621, Martino fu Simone della Cà di Bordogna e Giovanni Giacomo fu Francesco agente anche a nome dei suoi fratelli, risultano fra coloro che avevano interessi nelle frere di Scazio e Cogulo. I compartecipi stabilirono che la frera di Scazio, che era già stata unificata con quelle della Pessina e di S. Giorgio, dovesse essere considerata da allora tutt’uno con quella di Sasso e Cogulo. Allo stesso modo vennero uniti tutti gli impianti e le baite. La miniera di Scazio – S. Giorgio – Pessina veniva costituita da 30 some e mezza, altrettante costituivano quelle di Scazio e Cogulo. Le frere così unite venivano divise in settantatrè capi. Antonio Calvi e Simone Cittadini venivano incaricati della ridistribuzione dei capi della miniera. Il 12 aprile 1651 Ludovico fu Francesco, agente anche a nome di suo fratello Simone e di Simone fu Martino, vendette a Giovanni Geneletto fu Ottavio di Lenna, agente anche a nome di suo fratello Giovanni Maria, nove capi, due quarti e mezzo degli ottanta, che componevano la frera di Sasso, con relativi diritti, per lire 747 di Bergamo. Il 14 gennaio 1689 Giacomo fu Simone di Bordogna chiese al Vicario della Valle che venisse appurato l’ammontare dell’eredità di suo padre, che era morto mentre era in Piemonte “a cavar dalla miniera di ferro nel loco detto Peri” Don Francesco di Lorenzo nacque a Bordogna nel 1680, all’età di 29 anni divenne secondo prevosto di Averara e mantenne tale incarico per 51 anni (1709-1758); importanti furono le opere da lui realizzate in quella parrocchia: fra il 1716 e il 1724 ampliò la chiesa parrocchiale, nel 1723 fece edificare l’attuale campanile, nel 1732 fece costruire l’attuale sacrestia, nel 1739 fece erigere l’ossario ottagonale posto sul sagrato della chiesa.

Morì ad Averara nel 1758.
Carlo Cittadini fu Aurelio Fondra Bordogna detto Pagnone, godeva di un antichissimo diritto di possesso su un banco nella chiesa di Bordogna. Nel 1681 lo stesso Carlo donò a quella chiesa alcune reliquie fra le quali il corpo di S. Colombo, ricevuto dalle catacombe di Roma, che fu ed è tutt’ora oggetto di particolare devozione da parte della popolazione. Lo stemma della famiglia Cittadini compare oltre che sull’urna di S. Colombo, anche dipinta su due reliquiari conservati nella stessa chiesa. Filippo nel 1715 fece realizzare il quadro dell’Assunzione di Maria, oggi conservato nella sacrestia della chiesa di Bordogna. Il 3 luglio 1762 Simone fu Pasino della Cà di Bordogna con suo testamento lasciò un legato a favore della chiesa del suo paese Don Giacomo fu parroco di Bordogna dal 1686 al 1702, nel 1780 si trova citato un sacerdote Don Giovanni. Verso la metà del Settecento, alcuni membri di questa famiglia si trasferirono a Villa D’Almè, fra essi Pasino di Martino con la moglie Maria Giovanna Gervasoni sposata a Bordogna e i loro sette figli. Fra essi Martino, sposato con Orsola Milesi si trasferì in località Venulosa di Villa D’Almè, ove gestì una osteria e nel 1766 venne eletto deputato per la costruzione della nuova parrocchiale. Da lui nel 1768 nacque Giovanni Battista, che lasciò giovanissimo la famiglia per cercare lavoro in città, il 26 febbraio 1786 non ancora diciottenne, sposò Giovanna Laura Calvarola; rimasto purtroppo vedovo alcuni anni dopo, si risposò con Margherita Lanzani. La loro unione fu allietata dalla nascita di due figlie: Orsola Caterina, (1801-1857) e Caterina Giuditta (1803-1840). Conseguito entrambe il diploma di maestra elementare, nel 1822 si trasferirono a Calolzio, dove fondarono l’Istituto delle suore Orsoline di Somasca, eretto canonicamente dal vescovo di Bergamo il 14 dicembre 1857. Nel 1967 ebbe inizio la causa di canonizzazione di Caterina Giuditta che, nel 2001 venne elevata da Papa Paolo VI agli onori degli altari.