Arrigoni

ARMA degli Arrigoni di Bergamo: Troncato: nel 1° d’oro all’aquila di nero coronata del campo, nel 2° di rosso a tre bande d’argento colla fascia d’argento attraversante sulla partizione e caricata della sigla AR, accostata da due stelle d’oro a sei raggi.

Arrigoni

CASATA: E’ opinione diffusa fra gli storici ritenere questa famiglia originaria della Valle Taleggio, probabilmente proveniente dall’alta Valsassina, la quale nel Medioevo fattasi potente, prese parte attiva nelle fazioni politiche che insanguinavano l’Italia appartenendo al partito ghibellino. Il Castelli nel suo “Diario” cita numerosi episodi nei quali fu coinvolta questa famiglia alleata con i potenti Suardi di Bergamo. Il 10 Ottobre 1382, ad esempio ricorda che gli Arrigoni con gli Amigoni, gli uomini di Locatello e i Brembillesi entrarono in Rota nella Valle Imagna saccheggiando ed incendiando il paese. “Johannes de Arigonibus de Vadimania”, fu prevosto dal 1366 al 1390 della Pieve di Almenno San Salvatore.

Bortolo Belotti nella sua “Storia di Bergamo e dei bergamaschi” descrive alcuni esponenti di questa famiglia: Jacopo, dell’Ordine Domenicano fu insigne teologo, dottissimo, maestro del S. Palazzo Apostolico. Vescovo di Lodi dal 1404 al 1418, fu successivamente designato alla sede episcopale di Trieste e quindi ad Urbino dove resse quella diocesi sino alla morte avvenuta il 12 Settembre 1435. Intervenne al Concilio di Pisa nel 1409 e a quello di Costanza (1414-1415). Venne inviato da Papa Martino V°nel 1423, per affari ecclesiastici in Inghilterra. Malgrado le fonti storiche non siano concordi sul luogo di nascita del Vescovo, il fatto che il di lui stemma sia quello della famiglia Arrigoni di Taleggio, dimostra incontestabilmente la sua origine bergamasca. Simone, fu generale di Francesco Sforza nella seconda metà del XV° secolo. Roberto, fu infeudato di molti castelli e terre nella Valle Brembana e Giacomo ottenne dall’Imperatore Venceslao in feudo, tutta la Valle Taleggio.

Con la pace di Lodi del 4 agosto 1456 vennero definitivamente stabiliti i confini sul territorio bergamasco fra la Serenissima Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano, rimanendo sotto il dominio di quest’ultimo tutta l’alta Valle Taleggio, le terre degli Arrigoni, Amigoni, Rognoni, Quarteroni con Lavina, Vedeseta, Avolasio e Pratogiugno. Gli Arrigoni figurano ascritti nel 1472 al Maggior Consiglio della città di Bergamo. Francesco, tragediografo, dal 1610 al 1645 spiegò codici grechi all’Ambrosiana di Milano per incarico dell’Arcivescovo Federico Borromeo, poi venne a Bergamo chiamato dal Vescovo Grimani a reggere il Seminario, lasciò numerose orazioni e panegirici. Giorgio Maria da Vedeseta, notaio e ultimo Vicario di quella terra dove morì nel 1820, verso il 1780 scrisse “Memorie storiche del Comune di Vedeseta”. Durante il dominio francese in Italia si ricordano: Carlo Maria, componente della Municipalità della Repubblica Bergamasca il 14 Marzo 1799, Domenico, Presidente della stessa costituita il 15 Marzo 1801 (21 Ventoso dell’anno IX Repubblicano) e Francesco, anch’egli componente della Municipalità bergamasca insediata il 3 Luglio (15 Messidoro) 1800, Presidente dell’Amministrazione dipartimentale del Serio e rappresentante dei bergamaschi alla Consulta di Lione il 4 Gennaio 1802. Giulio, frate Minore Francescano fu famoso predicatore e divenne Arcivescovo di Lucca nel 1849.

Più vicino ai tempi nostri si ricorda Ambrogio, poeta vernacolo bergamasco del XX secolo. Nel XVIII secolo ebbe luogo un esodo costante di popolazione dalla Val Taleggio e dalla Valsassina verso il milanese e la pianura Padana; numerosi furono esponenti di questa famiglia che si propagarono in più rami in diverse città e regioni della penisola. A Padova fu aggregata nel 1764 al Nobile Consiglio della Città. Giovan Pietro, nobile patrizio della città di Milano, nel 1578 trapiantò la sua famiglia a Vicenza dove venne aggregata nel 1678 al nobile Consiglio di quella città. Ferdinando Maria Elettore di Baviera, nel 1674 elevò alla dignità di Conti: Stefano e Marco con tutta la loro leggitima discendenza; titolo riconosciuto dal governo Veneto nel 1796 e con sovrane risoluzioni del 1820 e 1829 dell’Imperatore d’Austria. Nel corso della prima guerra mondiale del 1915-1918, perirono i soldati Giuseppe di Francesco, Giuseppe di Luigi e Paolo di Vedeseta. Carlo, Gaspare e Giovanni di Peghera, Battista e Gustavo di Locatello. Mentre durante la seconda guerra mondiale persero la vita: Giulio, Antonio, Egidio, Albino e Angelo di Vedeseta; Carlo, Mario e altro Carlo di Peghera

Il ramo di Roma si fa discendere da quel Simone Conte di Valsassina che fu decapitato a Milano nel 1507 e da questo Pompeo, Arcivescovo di Benevento e Cardinale. A Mantova, si ricordano con il titolo di Marchesi di Vailladeati, Giovan Giacomo, Ambasciatore del duca di Mantova a Milano, Ferrante, Senatore di Monferrato nel 1590, Vincenzo, Vescovo di Sebinico nel XV secolo, Alessandro, Vescovo di Mantova nel 1713 e Giacomo, Cancelliere ducale suo contemporaneo. Nel Friuli esercitarono l’arte dei calderaj, la genealogia del ramo udinese comincia da un Parto di Valsassina, il cui nipote Orlando, detto Arrigonibus o de Calderaiis, soggiornò prima a Spilimbergo e nel 1460 prese dimora a Udine. Arricchitasi la famiglia coi commerci, venne ascritta alla cittadinanza udinese, rimanendo compresa nella serrata del Consiglio del 1518 fra le famiglie nobili. Suo nipote Giacomo, fu creato Cavaliere aurato e Conte Palatino dall’Imperatore Carlo V nel 1533. Giovanni Battista, Cancelliere della comunità di Udine e Cancelliere Pretorio di Padova, intervenne nel 1563 e 1570 quale notaio nelle divergenze fra la Repubblica Veneta e l’Arciduca d’Austria a causa dei confini. Pietro, di lui fratello, militò nell’esercito veneto contro i Turchi e comandò le milizie della galera capitanata da Francesco Duolo, sulla quale prese parte alla battaglia delle Curzolari, perdendovi la vita il 7 Ottobre 1571.