Paganoni

ARMA: Spaccato, nel 1° d’oro al giullare vestito d’azzurro, impugnante con la destra una spada e con la sinistra una picca; nel 2° inquartato di rosso e di nero al bisante d’argento in cuore. (Arma conforme a quella riprodotta al n. 1462 dello stemmario Camozzi, manoscritto conservato presso la Biblioteca Civica A. Maj di Bergamo)

PaganoniCASATA: Il casato dei Paganoni, assunse questo nome, forse da uno dei loro antenati, il quale rese famigliare il nome di Paganus nei suoi discendenti, così come nello stesso ambiente lo assunsero gli Ambrosioni, i Gervasoni, i Ruffinoni ed altrettante numerose famiglie da nomi personali. Pare che il ceppo originario di questa famiglia, provenga dalla frazione di Pusdosso in Val Fondra, nell’alta Valle Brembana, documentata da tempi remoti, e da qui, ebbe poi a spargersi in tutta la valle e nella città, acquisendo importanza con i numerosi suoi esponenti che si affermarono nel corso dei secoli nelle arti, nella cultura, nel commercio, oltre che esercitando nobili professioni. Bortolo Belotti nella sua “Storia di Bergamo e dei Bergamaschi”, in riferimento all’industria mineraria dell’Oltre Goggia, ricorda fra i maggiori produttori i Paganoni, esercenti le miniere del monte Scleiola in Val Fondra.

Vari esponenti di questa famiglia risultano sin dal XV secolo impegnati nell’industria mineraria, alcuni fra loro vennero ingaggiati, quali abili maestri di forni da fusione, in diverse regioni d’ Italia. Da documenti notarili dell’epoca si rileva: 4 novembre 1548. M.ro Vincenzo q. Andrea di Soprafondra promette di vendere a m.ro Antonio Ruffinoni di m.ro Vincenzo di Bordogna, abitante alla “Fusina” di Lenna, 100 cavalli di ghisa che gli consegnerà al forno di Branzi per lire imperiali 500. 28 Gennaio 1558. M.ro Bernardo Paganoni q. m.ro Giovanni di Soprafondra dichiara di aver trovato una vena di ferro sul Monte Novo di Soprafondra in un valloncello detto “Canal delle Peghere”, ne prende possesso e la battezza “Frera delle Peghere”. 30 maggio 1558. Guarisco Begnis q. Martino del Piano della Coltura promette a Bernardino di Pusdosso di Soprafondra di fabbricare carbone che verrà condotto al forno da ferro di Branzi. 10 agosto 1598. I fratelli Balzarino e m.ro Zuanne Maria sono ingaggiati da m.ro Bartolomeo della Via Piana, mastro del forno di Massa Marittima (Grosseto), per andare a lavorare come “menestratorj” sino al 15 giugno 1599 percependo lire imperiali 40 al mese a cominciare dal giorno che partiranno da casa. 7 ottobre 1599. M.ro Pietro Ambrosioni q. Andrea di Branzi è ingaggiato da m.ro Bartolomeo q. Tomaso della Via Piana per andare a lavorare alforni fusore di Follonica (Grosseto), di proprietà del “Gran Duca di Fiorentia” dove Bartolomeo è mastro. Lavorerà come “desentino” percependo scudi 6 e 1/2 di Bergamo al mese a cominciare dal giorno che partirà di casa. 22 settembre 1599. M.ro Francesco q. Sebastiano della Via Piana è ingaggiato da m.ro Domenico Ambrosioni della Gardata di Branzi, mastro dei forni di “Concha” e Monterano (Roma), per andare a servire su uno dei detti forni per 6 scudi di Roma al mese a cominciare dal giorno che partirà di casa. Diversi esponenti di questa casata originari dell’alta Valle abbracciarono la vita religiosa ed esercitarono il loro ministero sacerdotale nella stessa zona: don Cristino fu il primo parroco di Carona dal 1536 al 1548, don Carlo fu Cappellano di San Martino a Piazza nel 1786, quindi parroco di Fondra dal 1794 al 1813 e poi promosso parroco di Marne.

Don Giovanni di Lenna fu parroco di Baresi dal 1829 sino al 1859, quindi venne nominato parroco a Foresto Sparso e poi prevosto a Bolgare. Don Agostino di Fondra, fu parroco di Carona dal 1847 al 1879. Don Michele di Fondra fu parroco di Foppolo dal 1873 al 1884. Bortolo Belotti ricorda ancora di questa famiglia: Gaetano, rappresentante dell’alta Valle Brembana nel 1796 e sostenitore del governo veneto; Carlo Santo, venne imprigionato il 2 maggio 1797 quale agitatore contro l’avvento francese in Italia. Agli inizi dell’Ottocento, un esponente di questa famiglia risulta Presidente della Camera di Commercio, il quale il 7 maggio 1805 invitava artisti, fabbricanti e operai a partecipare all’esposizione di Milano in occasione delle feste per l’incoronazione di Napoleone. Giacomo di Fondra, figlio di Antonio, risulta iscritto al Collegio notarile di Bergamo nella prima metà del 1600; di padre in figlio attraverso le generazioni, è stata esercitata da questa famiglia la professione di notaio sino ai giorni nostri. Il prof. Francesco (1872-1932), del Cantone S. Maria di Lenna, maestro elementare presso la scuola Opera Pia Gervasoni di Valnegra e professore di calligrafia, venne premiato con medaglia d’oro per i lunghi anni di insegnamento. Fu funzionario della Cassa di Risparmio di Piazza Brembana e Segretario Comunale di Lenna. Ebbe tredici figli, dei quali il primogenito Luigi (1894-1917), morì combattendo durante la prima guerra mondiale. Don Clemente, nacque a Lenna, nella frazione Cantone S. Maria l’1 agosto 1904 da una famiglia di contadini, si trasferì ancora giovane e maturò a 26 anni l’intenzione di diventare sacerdote. Entrò a far parte della congregazione di San Filippo Neri e prestò la sua opera sacerdotale nella chiesa di via Lomellina, facendosi immediatamente benvolere dalla gente della zona, per il suo modo di fare e per la cura con la quale si dedicò ad aiutare chi soffriva. Ben presto fece parte dell’associazione dei volontari della sofferenza e ne diventò il Cappellano. Le ore della sua giornata furono interamente dedicate ai poveri ed agli ammalati. Frequentò assiduamente il lebbrosario di San Martino, dove divenne l’amico dei suoi malati; assiduo donatore di sangue, moltissime volte si sottopose a trasfusioni.

Nell’oratorio della sua parrocchia assistette generazioni di ragazzi, li tenne a battesimo, li guidò, li sposò e seguì i loro figli. Negli ultimi due anni di vita, venne colpito da un infarto e dovette rinunciare parzialmente a gran paret delle sue attività. La regola dei filippini impone che gli appartenenti trascorrano tutto il tempo libero nel confessionale, in attesa dei fedeli. Così accadde il 12 ottobre 1977, quando l’anziano sacerdote, come tutte le mattine scese in chiesa e si chiuse dentro il confessionale: dopo circa un’ora, un’infermiera che doveva praticargli un’iniezione, lo trovò morto, stroncato da una crisi cardiaca. Davide, nacque a Lenna nel 1918, già ufficiale di fanteria in Russia, dove ebbe a meritarsi una medaglia d’argento al valor militare; l’8 settembre 1943 passò a combattere contro i tedeschi, formando un gruppo di partigiani a Lenna e dintorni, entrando a far parte dell’86a Brigata Garibaldi operante in Valle Taleggio. Morì nel dicembre 2001. Suo fratello Ernesto fu sindaco di Lenna dal 1965 al 1970 Cesare, nato a Moio Dé Calvi il 3 giugno 1848, sino a trentotto anni visse nel suo paese d’origine lavorando come boscaiolo e carbonaro, nel 1886 si trasferì a Savona e qui entrato a lavorare negli Opifici Liguri di Bolzaneto dimostrò tale passione alla lavorazione e fonderia dell’acciaio, da essere prescelto ed inviato in Germania ad apprendere i vari processi di lavorazione dell’acciaio.

Tornato in Italia mise a frutto le sue conoscenze e la sua grande capacità divenendo fra i più appezzati e ricercati tecnici del settore siderurgico, meritandosi l’appellativo di “Pontefice dell’arte siderurgica italiana”. Così lo definì il Corriere della Sera in un articolo del 17 maggio 1917, che ne annunciava la morte avvenuta il giorno 14 a Moio, dove si era ritirato gli ultimi tempi colpito da grave malattia. Anche L’Eco di Bergamo sempre il 17 maggio riportando la notizia della sua morte lo definiva “ rinomatissimo artista nella lavorazione dell’acciaio, industria che da umile origine lo fece assurgere ad elevata posizione”. Sul mensile “L’Alta Valle Brembana” del 26 maggio, il direttore don Boni, nel ricordare la sua morte, sottolineava “la forte partecipazione degli operai delle Acciaierie Italiane di Bolzaneto, ove il Paganoni era assai stimato come capo, per la sua rara competenza in materia di fusione o colo di acciaio, per la sua generosità e bontà d’animo”. Durante il corso della prima Guerra Mondiale, si ricordano: il sergente Basilio di Alessandro di Moio Dé Calvi, deceduto al fronte e Giovanni di Fondra, caporale della Compagnia mitragliatrici, che venne decorato con medaglia d’argento al valore militare. Mentre durante la seconda guerra mondiale persero la vita: Carlo fu Angelo di Lenna e Ottavio di Fondra, mentre Basilio dello stesso paese, venne dichiarato disperso.