Arizzi

ArizziARMA: Troncato; al 1° di rosso, allo scaglione d’argento, coricato e rivoltato; al 2° d’azzurro, a due leoni d’oro, linguati di argento, affrontati, tenenti una spiga di riso d’argento (Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di Vittorio Spreti. Vol. 1 – Pag. 421).

ASATA: La spiga dello stemma (in latino arisa) si ricollega al cognome, che trovasi sia nella forma Arici sia in quella Arizzi. La famiglia è ricordata sin da tempi remoti nella bergamasca e sembra trarre origine dall’antica ed illustre casata degli Arici bresciani. Questi riconoscono fra i loro avi Jacobino de Arisiis che viveva nel 1388 a Cingano in territorio bresciano. Successivamente la famiglia si divise in tre diramazioni con i suoi figli Giovanni, Arisio e Bertolo. Quest’ulimo, vivente nel 1416, ebbe pure tre figli che combatterono eroicamente sulle mura di Brescia durante l’assedio visconteo del 1438. Una diramazione di questa nobile famiglia, possedette il feudo di Cardinale in Val di Noto, del quale fu investito Francesco il 22 febbraio 1549. Gerolamo Arici nato nel 1690, fu padre fra gli altri di Luigi, che ebbe tre figli, i quali sul finire del dominio veneto promossero l’avvento del dominio francese in Italia e la formazione della Repubblica bresciana nel 1797, distinguendosi poi nel periodo napoleonico. A questa stirpe appartenne il noto poeta bresciano Cesare (1782-1836), autore di diverse composizioni poetiche. Carlo Antonio risulta iscritto nell’elenco nobiliare del 1840; suo figlio Luigi, sposato con Margherita dei conti Revedin, ebbe vari figli, la cui discendenza è descritta con il titolo di nobile nell’elenco ufficiale della nobiltà italiana. Da Vincenzo di Bartolomeo, che ebbe riconfermata la nobiltà con sovrana risoluzione del 1818, proviene Pilade, che con decreto ministeriale del 1904 ebbe pure il riconoscimento della medesima. Nell’alta Valle Brembana queta famiglia da secoli viene documentata nei paesi di Piazzolo e di Piazzatorre. La riprova del legame con gli Arici bresciani può essere data dal fatto che in antichi documenti di questi paesi vengono menzionati esponenti degli Arici con lo stesso stemma della casata bresciana, fra quelle delle più antiche di questi luoghi.

Sopra la porta laterale della chiesa parrocchiale di Piazzatorre, in un blocco di pietra, istoriato da mano ignota, pare nel XVII secolo, sono scolpiti gli stemmi delle tre famiglie originarie del paese: quello degli Arici al centro, quello dei Maisis a sinistra di chi guarda e quello degli Arioli a destra. Una lapide con scritta in latino posta a fianco della porta, ricorda come l’edificio sacro, dedicato a San Giacomo, venne riordinato nel 1675 per interessamento di Vincenzo Arici de Montanis, Pietro Giacomo de Maisis e di Giovanni Battista Arioli de Rivolis. In un atto notarile dell’11 novembre 1529, fra i sindaci e procuratori del Comune di Piazzatorre con il quale essi vendevano metà pro indiviso del monte Torcola a Martino fu Garisco Gavazzi di Piazzolo, figura Domenico detto Marogno fu Giovanni degli Aryci. Don Simone di Piazzolo, fu coadiutore a Piazzatorre dal 1855 al 1856 e successivamente parroco di Trabuchello dal 1855 al 1871. Fu poi cappellano a Piazzolo, dove morì a 75 anni il 31 maggio 1902.

Battista, nativo di Piazzolo, proveniente da agiata famiglia trasferitasi per l’attività commerciale ad Olmo al Brembo, Tenente di complemento degli Alpini, si distinse durante la prima guerra mondiale per azioni al fronte e fu decorato al valor militare con due medaglie di bronzo; poiché a Masari il 9 luglio 1916 “Comandante di una sezione di mitragliatrici, risolutamente e con abilità, si spingeva col suo reparto insieme al plotone destinato all’avvolgimento dell’avversario e riusciva a collocare le armi in modo da chiudergli ogni via di scampo” e perché a Castelletto – Val Travernanze il 29-30 luglio 1916 “Impiegava arditamente una mitragliatrice nell’azione di un plotone contro forti posizioni nemiche, in terreno insidioso e difficile. Caduto ucciso il comandante del plotone, ne assumeva il comando e lo guidava all’assalto. Contrattaccato, seppe respingere il nemico infliggendogli gravi perdite. Mostrò attività non comune nel rafforzamento della posizione, sotto il tiro intenso e preciso dell’artiglieria nemica”.

Dopo la guerra fu sindaco di Olmo al Brembo dal 1920 al 1926, carica già ricoperta prima di lui, da suo padre Domenico dal 1902 al 1916. Fratello di quest’ultimo fu il notaio Giuseppe che svolse a lungo la sua professione a San Giovanni Bianco e scampò, perché assente dal paese, alla strage compiuta il 13 luglio 1914 da Simone Pianetti, che uccise varie persone e lo aveva annoverato fra le sue predestinate vittime. Figlia di Giuseppe fu Jose (1905-1997) madre del giudice Guido Galli, ucciso dalle BR presso l’Università Statale di Milano il 19 marzo 1980 all’età di 48 anni, la cui tomba si trova nel cimitero di Piazzolo, paese d’origine della famiglia e dove trascorreva periodi di vacanza. Don Luigi, nato ad Olmo al Brembo il 9 novembre 1918, ordinato sacerdote il 30 maggio 1942, fu coadiutore parrocchiale ad Abbazia di Albino sino al 1945 e poi ad Azzano S. Paolo sino al 1964, quando venne promosso parroco di Castione della Presolana; nel 1975 divenne parroco di Paladina dove morì il 12 settembre 1987. Mons. Bartolomeo Arici (1670-1743), di un ramo trasferitosi a Bergamo in Borgo S. Leonardo, si laureò in teologia nel Collegio Patavino ed ottenne l’onorificenza di Protonotario Apostolico. Fu Arciprete di Telate dal 1709 al 1740 e con codicillo del 3 giugno 1740 fondò la Biblioteca del Clero di S. Alessandro in Colonna. Anche in alcuni paesi della Valle Seriana sono documentati rami di questa casata; a Ponte Nossa nacque mons. Ferdinando Arizzi (1906-1966), ordinato sacerdote nel 1930, laureato in scenze sociali, dal 1935 al 1955 fu direttore dell’Oratorio di S. Anna in Borgo Palazzo, ricoprì importanti incarichi per l’ambiente giovanile diocesano. Acquistò ed ampliò la casa rifugio “Madonna delle Nevi” a Mezzoldo, dove diresse molti corsi estivi e dove è ricordato con un busto bronzeo. Nel 1965 venne nominato Cameriere Segreto di Sua Santità; morì a Bergamo il 25 luglio 1966.