CASATA: Di origine germanica e documentata sin da epoca remota, questa casata venne investita del feudo di Rho nel milanese, Qui vissero alcuni esponenti di maggior spicco: Anselmo, fu arcivescovo di Milano dal 1086 al 1093; un altro Anselmo, diacono della chiesa milanese, fu investito nel 1123 dei territori di Fossatoldo, Paninzago e Cavacurta. Nel 1412 Paolo ebbe in livello perpetuo borghi e terreni del Capitolo di Milano con l’obbligo di ricostruiree migliorare gli immobili distrutti durante le guerre con i lodigiani. In tale incarico subentrò Pagano che costituì il ceppo dei feudatari; l’investitura ufficiale risale infatti al 1481 e venne concessa da Gian Galeazzo Sforza. La famiglia beneficiaria capeggiata da Alessandro, consigliere del duca di Milano, annoverava una vasta parentela; allo stesso Alessandro venne assegnato il dominio su Fossatoldo, Bargano, Panisacco, Borghetto, Ognissanti, Cà del Bosco, Cà del Parto. Si stabilì a Borghetto Lodigiano, nel palazzo Gonfalonieri, ora Cascina Co’ di Sopra, che all’epoca aveva tutte le caratteristiche di una villa di campagna. Intenzionato a dar lustro alla casata, Alessandro fece costruire un sontuoso palazzo nel centro di Borghetto, che servì anche nei secoli successivi come residenza della famiglia, alternandovi presumibilmente i soggiorni a palazzo Gonfalonieri. La costruzione del palazzo di Borghetto come accennato, fu ordinata da Alessandro Rho, che ne trasmise memoria con le sigle “Al. Rho” fiancheggianti l’arma gentilizia posta sopra la porta d’accesso. La costruzione costituisce un esemplare dell’architettura lombarda del Cinquecento ed è paragonabile a ville di quel periodo quali villa Mirabella a Porta Nuova a Milano e alla Bicocca presso Niguarda. Sulla facciata tre magnifici finestroni al primo piano sono l’ornamento più vistoso, hanno una ricca incorniciatura di fregi e rilievi in terracotta. Sul davanzale, sopra un ordine di cherubini ad ali spiegate corre un cordone a fogliami e sopra questo un listello che ripete il solito motto “Semper et Droit”. Su tutti i muri si aprono finestre ad arco di buona fattura. Il palazzo è su tre piani, la lunghezza è di tretatre metri, la larghezza di tredici. Gli interni hanno avuto adeguate”cure” anche se non definitive, Stupisce un fatto, che i Rho non abbiano voluto affrescare le pareti come era d’uso in quel periodo per le dimore dei nobili. Di fatto il palazzo con il passare degli anni non venne più abitato. Pare che nell’Ottocento, anche e non vi sono riscontri precisi in riguardo, fosse adibito a filanda. Anche quando nel Settecento i Rho furono privati del feudo, la residenza rimase della famiglia, sino al 1913 quando il Comune di Borghetto lo acquistò dagli ultimi eredi per trasformarla in sede municipale.
Le notizie su questo ramo nobile di questa famiglia sono piuttosto scarne, evidentemente i cronisti di quel tempo erano più attenti ai fatti d’arme che alla vita sociale. Si sa comunque che i Rho si imparentarono con personaggi appartenenti alla nobiltà milanese rivestendo incarichi di prestigio, Numerosi gli esponenti illustri fra i quali si ricordano Giovanni, poi detto della Croce, che si distinse per il coraggio dimostrato durante le crociate contro i saraceni e che secono alcuni storici fu il primo ad issare la bandiera con la croce sulle mura di Gerusalemme. Il cardinale Pietro fu bibliotecario di Papa Alessandro III; Allegranza divenne moglie di Corrado Torriani detto Mosca, signore di Milano; Giovanni fu segretario di Carlo VII re di Francia; Gabriele grande scudiero di Galeazzo Maria Visconti duca di Milano; Tiberio protonotario apostolico fu consigliere del suddetto duca; Girolamo, conte di Felino, ottenne il comando di tremila fanti contro il duca Carlo Emanuele di Savoia; fu maestro di campo generale in Sardegna e in Spagna, poi generale delle milizie di Parma e Piacenza e viceduca di Castro. In campo culturale non si possono dimenticare Gugliemo, che pubblicò alcuni suoi lavori fra i quali Tractatus de Alienationibus, ed Alessandro membro del Collegio dei Dottori di Mialno, noto come autore di trattati fra cui il De successione regni Portugalli.
Giacomo, nato a Milano nel 1538, figlio di un giurista, a vent’anni entrò a far farte della Compagnia di Gesù e dopo la sua ordinazione sacerdotale per mani del cardinale Roberto Bellarmino, partì nel 1617 con quarantaquattro compagni per l’Estremo Oriente. Dopo una breve permanenza a Goa, procedette per Macao; durante l’assedio di quella città ad opera degli olandesi, insegnò agli abitanti l’uso migliore dell’artiglieria. Questo servizio gli aprì la strada verso la Cina; acquisì rapidamente la conoscenza della lingua cinese e nel 1631 fu chiamato a Pechino dall’imperatore per lavorare alla riforma del calendario cinese. Insieme con padre Schall, si occupò a questo compito sino alla morte avvenuta il 27 aprile 1638 a Pechino. Oltre ad opere relative alla correzione del calendario cinese, egli si occupò di astronomia e tecnologia. Alfredo Bosisio nella “Storia di Milano”, illustrando la vita economica e sociale ricorda i Rho, fra le famiglie borghesi che all’inizio del ‘700, su sollecitazione del governo austriaco, operarono attivamente per organizzare l’industria moderna. Più vicino ai nostri tempi, Filippo (1856-1935) fu generale medico della Marina e professore di patologia all’università di Napoli, dove assunse anche l’incarico di direttore dell’ospedale marittimo. Una linea della famiglia si trasferì in Valle Brembana, dove alcuni esponenti vengono ricordati per importanti incarichi amministrativi ed in campo sociale. L’ing. Italo fu Sindaco di San Giovanni Bianco nel 1922 e perì cadendo da una teleferica, atta al trasporto di materiali per la costruzione di impianti idroelettrici in montagna.
Il fatto fu riportato sulla copertina della Domenica del Corriere da un disegno di Beltrame. Il maestro Antonio figlio di Giuseppe nato a Bonate Sotto il 17 gennaio 1833, abitante a Valnegra già dal 1867, fu nominato nel 1879 direttore dell’Opera Pia Gervasoni e del Collegio San Carlo di Valnegra, ma fu ben presto sostituito per volere del vescovo di Bergamo mons. Guindani con don Placido Cattaneo che preferì un ecclesiastico alla guida di questa importante istituzione. Fu a lungo Subeconomo dei benefici vacanti (ovvero il funzionario statale che sovrintendeva alle fabbricerie e sulla gestione dei benefici parrocchiali) di tutto il mandamento di Piazza Brembana. Il notaio Carlo figlio di Antonio, nato a Bonate Sotto, esercitò la professione a San Giovanni Bianco. Il notaio Gino, figlio di Antonio, nato nel 1867 a Romanengo, esercitò la professione notarile, trasferendo la propria residenza a Piazza Brembana dove costruì una grande dimora; qui ricoprì anche l’inacarico di Vice-Pretore. Suo figlio Ermanno, nato a Piazza Brembana nel 1909, e morto a Milano nel 1936, fu invece autore di poesie in vernacolo bergamasco; i suoi scritti, curati dal poeta Giacinto Gambirasio, sono stati pubblicati nel 1939 con il titolo “Voci di Val Brembana”. Il volumetto presenta dieci “capitoli” in prosa che sviluppano temi di carattere autobiografico e d’ambiente e poche composizioni in versi. Altro figlio l’ ing. Amelio nato a Piazza Brembana il 17 giugno 1911 esercitò a lungo la sua professione a Milano quale apprezzato dirigente di importanti società. Alternò lunghi periodi di soggiorno nel paese di Piazza Brembana, dove fece anche parte del Consiglio Comunale; fu padre di nove figli, tutti maschi, apprezzati professionisti; due dei quali medici, prestarono a lungo la loro opera in un ospedale dell’Uganda, ospedale per il quale l’ing. Amelio si prodigò per raccogliere aiuti di ogni genere, così come faceva per tutti i paesi del Terzo Mondo, attraverso organizzazioni umanitarie e attraverso una fitta ed impegnativa rete di rapporti personali. Morì il 27 agosto 1979 e riposa nella cappella di famiglia a Piazza Brembana. Fra i suoi figli, dott. Gianluigi apprezzato medico condotto in alta Valle Brembana, è stato sindaco di Piazza Brembana dal 1990 al 1995.