Astori

ARMA degli Astori di Bergamo: D’azzurro, ad una colonna con piedestallo e capitello d’argento, piantata sopra un monte di tre cime di verde, e sostenente un astore d’argento posato. (Dizionario storico- blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, estinte e fiorenti, compilato da G. B. Di Crollalanza. Vol. 3° Pag. 153).

Astori

CASATA: Antichissima e nobile famiglia bergamasca, la famiglia Astori venne aggregata alla nobile cittadinanza di Bergamo nel 1448 ed appartenne sempre al Maggior Consiglio della città. Più vicino ai tempi nostri, la famiglia venne riconfermata nella nobiltà con Decreto Ministeriale 2 Luglio 1908. Secondo gi storici il ceppo d’origine, si fa risalire in Dossena, paese della Valle Brembana, noto come centro minerario fin dall’epoca romana. Secondo Melchior Omacini, autore di una interessante storia di quel paese, la casata degli Astori (De Astoribus), è documentata per la prima volta in un atto del 1474, e viene considerata la continuazione della famiglia Testori (De Testoribus), descritta in documenti già dal 1234 relativo alla delimitazione dei confini; così pure nel 1375 per l’affitto del monte Ortighera. Alcuni esponenti di questa casata fecero parte della Compagnia dei Bastagi o Bastazi, lavoratori presso il porto a Venezia, con diritto di carico e scarico delle merci. Trattando dei loro diritti presso l’autorità locale, i Bastagi affermavano che la loro Compagnia esisteva sino dal 1414; certo è che da una deliberazione dei governatori alle entrate del 12 marzo 1444 relativa alla morte di certo “Ranierus de Pace, caput bestaseorum ad doanam maris”, appare che già a quell’epoca i Bastagi funzionavano. La Compagnia o meglio la Confraternita durò sino alla caduta della Repubblica di San Marco; i nuovi ordinamenti politici di inizio Ottocento, misero in discussione il privilegio reclamato dagli interessati e quindi il servizio di carico e scarico del porto ebbe altre forme. Il privilegio favorì specialmente i Comuni di Dossena, Zogno e Sorisole, evidentemente perché da questi paesi provenivano la maggior parte di coloro che formavano la Confraternita dei ventiquattro Bastagi.

In un elenco di quella Compagnia, del 1690 vengono descritti: Zuan Battista, Zuan Maria, Francesco Manenti de Astoribus, Varisco Piccoli de Astori e Jacopo Antonio. Questa famiglia vanta illustri personaggi; fra quelli emigrati o residenti in Venezia, che arricchitisi in commerci e professioni, dotarono la chiesa di Dossena, loro patria d’origine, di opere preziose. Lo storico bergamasco Bortolo Belotti nella sua opera ” I quadèr dè Dossena ” descrive le numerose opere contenute in quella chiesa: “L’ultima cena” del fiammingo Nicolò Raimier, offerto nel 1635 da Francesco figlio di Pietro e Pasino figlio di Giuseppe entrambi residenti a Venezia, che si fecero ritrarre nell’opera, “Il transito di S. Giuseppe”, di Giovanni Segala (1707) e “S. Giovanni evangelista”, ancora opera del Segala (1705), vennero donati da Giov. Battista, emigrato a Castel Veneto che si fece ritrarre con il figlio nel secondo quadro. “S. Francesco d’Assisi” attribuito al noto pittore brembano Carlo Ceresa, fu commissionato nel 1634 da Pietro detto Bombello Astori abitante in Venezia. Un “Battesimo di Gesù” di pittore ignoto venne donato nel 1696 da Giov. Battista figlio di Francesco il cui ritratto compare in primo piano nel dipinto.

Giuseppe Celestino (1728-1777), medico e poeta, nato a Bergamo da Domenico, originario di Dossena, già a quattordici anni dettava un epigramma latino alla Vergine e successivamente scrisse molto per l’Accademia degli Eccitati a cui appartenne, pur dedicandosi maggiormente alla medicina, nella quale avendo maestro e protettore Andrea Pasta, si accattivò la stima dell’intera città. Egli viene considerato fra i migliori poeti bergamaschi del Settecento. Felice (1827-1893), garibaldino, nato a San Pellegrino Terme da Giovanni, oriundo di Dossena, venne decorato con medaglia d’argento per il valore con il quale si distinse nella battaglia di Calatafimi. Melchiorre, sergente delle truppe da sbarco nei primi mesi della guerra italo-turca in Libia (1911), s’impose all’ammirazione di tutto il paese, per aver, durante uno scontro con le forze turche, strappato loro la bandiera. Il fatto d’arme fu celebrato da Gabriele d’ Annunzio nelle “Canzoni dei Trofei” : “Un eroe nomato Astorre / ha tolto all’orda lo stendardo verde / e tutto il fronte alla riscossa accorre”. Il fatto venne riportato anche sulla copertina della Domenica del Corriere con un disegno di Achille Beltrame. Alberto, letterato zognese, (1826-1862), pronipote del citato Giuseppe Celestino, le cui poesie, salvate dalla distruzione, vennero raccolte e pubblicate dagli amici con il titolo “Versi di Alberto Astori” , (Bergamo 1872).

Mansueto, nato a Bergamo nel 1885, da Michele, proveniente da Dossena, promotore della fondazione dell’Istituto ospedaliero “Matteo Rota”; interprete della volontà di Giacomo; provvide all’erezione della casa. Michele, ingegnere progettista, dell’IstitutoTecnico Industriale di Bergamo e assessore dell’ Amministazione Comunale della città agli inizi del XIX° secolo. Nel corso delle due disastrose guerre mondiali perirono Giacomo (1915-1918), Francesco, Gaspare e i due fratelli Luigi e Francesco figli di Giovanni DI Dossena (1940-1945). Nel libro di Giulio Bedeschi “Fronte russo: c’ero anch’io”, vi si racconta la drammatica avventura vissuta dall’alpino Giuseppe di Dossena, quando insieme alle truppe del generale Reverberi, sfinito ed in parte congelato, riuscì a salvarsi e a ritrovare, superato lo sbarramento nemico, le forze italiane scampate all’assalto russo.